La Comunità di alloggio per minori

Le Origini


Il processo di deistituzionalizzazione degli ultimi 50 anni ha favorito l’accoglienza dei minori allontanati dalla famiglia prima in gruppi appartamento e poi nelle comunità educative, soluzioni che hanno presentato forti limiti al punto da considerarle come ultima “risorsa”.

Attualmente gli studi e gli sforzi sono orientati a considerare ed a costruire le comunità come “anello di una catena” di una rete complessa di programmi e progetti per famiglie in difficoltà.

Sviluppi


L’assenza di relazioni significative con persone adulte determina gravi effetti negativi nello sviluppo dei minori fino a determinare danni irreversibili. Questi danni si sono tradotti in diagnosi di malattie mentali e disturbi del comportamento. Con gli anni ’80 sono stati avviati interventi politici tesi e promuovere il superamento dell’istituzionalizzazione dei minori con la chiusura definitiva degli istituti.

Con la chiusura di questi ultimi sono sorte molte realtà sostitutive di dimensioni ridotte ma tali realtà per motivi diversi hanno condotto a cambiamenti solo apparenti, tanto da far dubitare della loro efficacia. Le comunità pertanto sono state considerate come “ultima spiaggia” sulla quale contare dopo aver naufragato la possibilità dell’adozione o dell’affido familiare. Di conseguenza è fondamentale progettare e realizzare nuove realtà di accoglienza che evitino nuove forme di esclusione.

Per favorire processi di superamento delle difficoltà dei bambini occorre incidere su tutta la comunità che li circonda. Al centro dell’intervento va posto il minore e la sua famiglia implementando percorsi di rielaborazione dell’intero sistema familiare che deve essere coinvolto nelle scelte e nelle decisioni relative al minore accolto in struttura, favorendo la promozione di una rete di relazioni di vicinato attraverso i servizi territoriali.

Il riconoscimento quindi dei limiti delle comunità ci deve far riconsiderare le stesse come parte di un tutto, un sistema capace di uscire da logiche di custodialismo assistenzialismo. Un lavoro di rete dove le persone coinvolte interagiscono in vista di scopi comuni condivisi. L’operatore pertanto sarà un “facilitatore” di relazioni.



La Legislatura


In ambito legislativo il rimo riferimento esplicito alle comunità per minori si ha con lelle 184/83. Una legge che voleva dare una risposta diversa da quella data fino ad allora dagli istituti e che per la prima volta parlava di comunità.

Ma i molteplici problemi affrontati da operatori non preparati all’aggressività e disadattamento dei minori non favorirono lo spirito della legge. Nel 1997 la legge 285 stabilì i requisiti minimi che ogni comunità avrebbe dovuto rispettare.

Infine la legge 149/2001 che modifica la legge 184, stabilisce la chiusura definitiva al 31.12.2006 degli istituti. Inoltre questa legge offre un ripensamento al lavoro di comunità e gli adulti offrono accoglienza, impegno, reciprocità, fiducia e sicurezza.

Dopo l’accoglienza, il primo compito dell’adulto è ricostruire la storia di ciascuno, non dimenticando che di quella storia il bambino è stato protagonista ed ha contribuito, spesso con sofferenza ad interromperne il ciclo.

IL PROGETTO EDUCATIVO


OBIETTIVI GENERALI

  • Offrire un ambiente accogliente e protettivo, che consenta al minore di vivere ed esprimere la sua condizione di bambino, tutelandolo dal carico di responsabilità e dalle implicazioni dovute a disturbi della dinamiche familiari;
  • uperare la condizione di difficoltà e di solitudine in cui si trovano i minori, partendo dalle loro esigenze e dalle loro domande;
  • Promuovere la crescita attraverso la costruzione e il progressivo sviluppo di sempre più significative relazioni umane ed affettive;
  • Educare ad esprimere potenzialità, curiosità e capacità, attraverso il costante rapporto con un ambiente stimolante e creativo;
  • Educare al dialogo, alla riflessione, prestando particolare attenzione all’impegno scolastico: il bambino deve imparare ad apprezzare come strumento formativo anche la scuola e la sua struttura;
  • Promuovere l’acquisizione di un’autonomia personale legata ad aspetti quotidiani (ad es. ordine e pulizia personale, gioco, espressione di interessi e desideri);
  • Integrare le attività della comunità con quelle del territorio ospitante al fine di consentire al minore di vivere in un contesto di cittadinanza piena e non di marginalizzazione;
  • Essere parte attiva e promuovere il dialogo costante nella rete di servizi che ha effettuato la presa in carica del minore (Servizi sociali, Scuola, Tribunale per i minorenni, Tutori, Servizi di neuropsichiatria infantile) affinché il progetto individuale sia il più possibile condiviso e partecipato.

...gessetti...sole...tanta fantasia ed ecco trasformare una semplice strada in uno splendido percorso...da fare insieme...grazie bambini!!! :D

ATTIVITA', OBIETTIVI, AZIONI DELLA COMUNITA'

PREMESSA

Processi di esclusione sociale, di emarginazione, di devianza, di deprivazione sono, purtroppo oggi più di ieri, molto presenti nella nostra società e i nostri contesti sociali vivono, in questa fase storica, una recrudescenza di tali fenomeni che è dovuta a diversi fattori che sono principalmente economici ma anche sociali, culturali e politici.
Quando poi l’emarginazione, l’esclusione sociale, la povertà, economica e sociale, colpiscono i più piccoli è ancora più impellente e doveroso da parte della comunità e della società, attivare urgenti interventi e misure di contrasto alle condizioni che possono generare ulteriore malessere su una fascia di per se debole e bisognosa di protezione quale quella dei minori.
Spesso sono sottovalutati dalla politica e dalle istituzioni i costi sociali di un intervento precario, o addirittura assente, che tuteli coloro che rappresentano il futuro della società.

LA CULTURA DELL'ASCOLTO E DELL'ACCOGLIENZA

Regione, Enti locali, terzo settore e cittadinanza devono potersi integrare secondo principi di sussidiarietà e lavorare per promuovere e realizzare in rete azioni di contrasto del disagio e dell’esclusione, rafforzando la cultura dell’ascolto e dell’accoglienza. In quest’ottica la tutela del minore può passare anche attraverso l’allontanamento dello stesso dalla propria famiglia. Diverse sono le situazioni di difficoltà della famiglia d’origine del minore che possono spingere i servizi sociali e le autorità giudiziarie ad adottare un percorso che prevede l’inserimento di quest’ultimo in una comunità di accoglienza: disagio sociale, perdita di figure significative, inadeguatezza dei genitori, o dei loro più stretti familiari, nei compiti di cura ed educativi, tutti casi generati da esperienze e vissuti dolorosi, difficili da gestire e, talvolta, affrontati in totale solitudine.
La comunità d’accoglienza rappresenta, quindi, uno strumento pedagogico offerto ai minori che non hanno la possibilità di un adeguato sostegno educativo nella propria famiglia. Gli educatori lavorano cercando di aiutare i bambini ad acquisire quegli strumenti e a realizzare quel lavoro faticoso, metodico, lungo, che li potrà portare ad essere persone capaci di fare scelte autonome e consapevoli e a vivere con soddisfazione la propria vita. Siamo convinti che per raggiungere questo obiettivo sia necessario creare un ambiente accogliente ed affettivamente significativo, attraverso un’attenta e premurosa cura, che si snoda nell’agire quotidiano.
Ciò significa tendere a offrire una vita ricca di stimoli e di possibilità a tutti i bambini ospiti della comunità nella prospettiva o di un rientro presso il proprio nucleo familiare o verso l’inserimento in una famiglia affidataria o verso l’adozione.
Per conseguire questi obiettivi sarà opportunamente realizzato un progetto educativo-relazionale rispettoso delle inclinazioni e delle potenzialità di ciascun minore. La comunità potrà accogliere otto minori di età compresa tra i 2 ed i 15 anni, per i quali si sia reso necessario un decreto di affidamento preposto dalle competenti Autorità Giudiziarie.

OBIETTIVI GENERALI

La realizzazione di questi obiettivi avviene attraverso un percorso articolato in momenti successivi, adeguati all’andamento progressivo del progetto individualizzato, alle acquisizioni cognitive e all’evoluzione emotiva-affettiva del bambino.

  • - Offrire un ambiente accogliente e protettivo, che consenta al minore di vivere ed esprimere la sua condizione di bambino, tutelandolo dal carico di responsabilità e dalle implicazioni dovute a disturbi della dinamiche familiari;
  • - Superare la condizione di difficoltà e di solitudine in cui si trovano i minori, partendo dalle loro esigenze e dalle loro domande;
  • - Promuovere la crescita attraverso la costruzione e il progressivo sviluppo di sempre più significative relazioni umane ed affettive;
  • - Educare ad esprimere potenzialità, curiosità e capacità, attraverso il costante rapporto con un ambiente stimolante e creativo;
  • - Educare al dialogo, alla riflessione, prestando particolare attenzione all’impegno scolastico: il bambino deve imparare ad apprezzare come strumento formativo anche la scuola e la sua struttura;
  • - Promuovere l’acquisizione di un’autonomia personale legata ad aspetti quotidiani (ad es. ordine e pulizia personale, gioco, espressione di interessi e desideri);
  • - Integrare le attività della comunità con quelle del territorio ospitante al fine di consentire al minore di vivere in un contesto di cittadinanza piena e non di marginalizzazione;
  • - Essere parte attiva e promuovere il dialogo costante nella rete di servizi che ha effettuato la presa in carica del minore (Servizi sociali, Scuola, Tribunale per i minorenni, Tutori, Servizi di neuropsichiatria infantile) affinché il progetto individuale sia il più possibile condiviso e partecipato.
AMBIENTE COMUNITA’

Per raggiungere gli obiettivi prefissati la comunità tiene conto di alcuni punti di riferimento fondamentali:

  • - La qualità della relazione tra l’operatore e il minore fondata sulla coscienza del proprio ruolo professionale e sulla consapevolezza delle proprie emozioni in costante dialettica con la conoscenza dei bisogni reali del minore e non basata su volontarismi o improvvisazione;
  • - La definizione di progetti educativi individualizzati da realizzare insieme ai servizi sociali di riferimento;
  • - L’interazione tra tutti gli attori della rete coinvolti nel processo di crescita del minore ospitato.

La comunità disporrà di:

  • - uno staff di operatori qualificati per esperienza e titoli;
  • - un’assistente sociale;
  • - uno psicologo;
  • - un gruppo di volontari.

Gli operatori hanno inoltre un supporto di supervisione psicologica. All’interno dello staff un operatore ricopre il ruolo di responsabile di servizio.

ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO

La comunità accoglie bambini di età compresa tra i 2 anni ed i 15. È questo il periodo in cui il bambino ricerca una iniziale autonomia, per avviarsi ad una progressiva scoperta di sé.
Il compito principale che si pongono gli operatori è proprio quello di sostenere questo delicato momento. Al naturale stato di complessità di questa fase, si aggiunge il peso del vissuto particolarmente faticoso dei bambini che vengono inseriti in comunità, un vissuto che spesso priva la crescita della necessaria armonia e che crea come risultato una più marcata tendenza del bambino a non incanalare e sfruttare in senso positivo le sue potenzialità.
In base a queste osservazioni il progetto educativo si articolerà nel seguente modo:
Inserimento: il bambino sperimenta insieme agli operatori l’accoglienza e la conoscenza reciproca; Ambientazione: il bambino si ambienta al clima della comunità che deve tendere a favorire lo stabilirsi di relazioni di fiducia con gli operatori e gli altri ospiti, alla comprensione delle norme che regolano la vita del luogo e delle persone che lo abitano.
Osservazione: particolare attenzione è dedicata all’osservazione delle modalità relazionali e dei comportamenti messi in atto dal minore, al fine di comprenderne le caratteristiche psicologiche e le esigenze emotive-affettive. P.E.I.: a partire dalle osservazioni compiute, si procede alla costruzione di un intervento specifico ed individualizzato, opportunamente redatto dall’intera equipé.
Attuazione dell’intervento: in questa fase l’attivazione e il coinvolgimento dei minori e delle loro famiglie d’origine, sono considerati elementi essenziali del progetto stesso per aiutare il bambino ad essere protagonista attivo del percorso educativo nel rispetto delle sue esigenze, delle sue capacità e delle sue inclinazioni.
Compito dell’operatore è quello di accompagnare autorevolmente il minore alla scoperta di sé, alla definizione dei rapporti affettivi con metodologia progettuale.
Verifica: il progetto viene verificato con cadenza definita o quando se ne ravvisa la necessità in base alle risposte fornite dal bambino. Per quanto riguarda gli aspetti più concreti del progetto, ciascun minore svolge attività interne ed esterne alla comunità.
Per quanto riguarda queste ultime, la struttura crea rapporti ad hoc con le agenzie educative e di socializzazione presenti sul territorio (scuole, oratori, gruppi sportivi ecc…).

RAPPORTI CON LA SCUOLA

È fondamentale per la buona riuscita di un progetto educativo coinvolgere gli insegnanti elementi fondamentali per la loro riuscita scolastica. Se gli approcci con la scuola non rispondono sin da subito alle esigenze di crescita dei minori possono emergere sentimenti di inadeguatezza o di inferiorità. Da questo punto di vista la ricerca di una serena vita scolastica deve tendere alla ricostruzione di una rappresentazione personale positive di se nei confronti del mondo esterno.
La scuola, nella sua funzione educativa oltre che didattica, si specifica in aspetti precisi come:

  • - Il recupero e l’espressione delle proprie possibilità, anche quelle latenti;
  • - La costruzione e l’esercizio dell’impegno;
  • - La socializzazione;
  • - La partecipazione attiva;
  • - L’individuazione di metodologie;
  • - L’individuazione di adulti autorevoli;
  • - L’ascolto, la riflessione, la rielaborazione.

L’obiettivo della Comunità è quello di intessere una collaborazione con la scuola che sia agile, costante e fondata sulla stima reciproca. Tutto ciò si concretizza attraverso i colloqui con gli insegnanti ed i dirigenti scolastici, sollecitandoli ad entrare in empatia con il minore e a programmare, quando lo si ritenesse necessario, un piano di lavoro personalizzato.

RAPPORTI CON LE ALTRE AGENZIE EDUCATIVE

Le agenzie educative presenti sul territorio saranno delle valide risorse di cui la comunità si avvarrà: esse permettono ai bambini di avere contatti differenziati e di relazionarsi con coetanei e figure adulte diverse.
I bambini sceglieranno le attività che desidereranno svolgere, una scelta che permetterà di confrontarsi poi con l’effettiva realizzazione di queste attività e con la capacità di farsi carico di un impegno da portare avanti nel tempo. Su questo versante gli operatori della Comunità svolgeranno un ruolo di incoraggiamento e di supporto.

RAPPORTI CON LE FAMIGLIE DI ORIGINE

In osservanza delle disposizioni dei decreti del Tribunale per i minorenni sarà garantito dalla Comunità la possibilità per le famiglie di origine dei minori ospiti l’effettuazione di visite presso la struttura in un ambiente rispettoso della privacy, accogliente e protetto.

RAPPORTI CON I VOLONTARI

Gli operatori della comunità dedicheranno particolare attenzione alla formazione e alla strutturazione di un gruppo di volontari che operano affianco della comunità stessa.
Si ritiene molto preziosa la presenza di persone che aiutano lo staff nella conduzione della vita comunitaria e questa presenza è coordinata, supportata e sollecitata.